lunedì 5 novembre 2007

A proposito dell’ingiusta stroncatura di La terza madre

Mi chiedo: che senso ha stroncare il meraviglioso urlo anarchico di Dario Argento, La terza madre, partendo dalle considerazioni sulla sceneggiatura e sulla recitazione degli attori? Quando mai il cinema di Argento si è interessato, in modo tradizionale, a questi elementi? In tutta la sua filmografia, a partire dagli esordi, ricorrono straordinarie voragini negli script, più radicali derive di senso che approdi conformistici verso il senso compiuto (e imposto). È anche questo che rende il (suo) cinema una magnifica ossessione: l’irrisolto, la mancanza, la deviazione (oltre che la devianza). Per il regista che ha scardinato i codici di un genere (che sempre, per la sua essenza politica e metalinguistica, non fa altro che rimettersi continuamente in discussione), che ha fondato nuovi regimi del vedere, ha sempre contato prima di tutto lo sguardo più che la narrazione; allo stesso modo ha sempre considerato gli attori non come portatori di senso attraverso l’arte della recitazione ma come veri e propri oggetti scopici, corpi-feticci donati generosamente al voyeurismo del regista e dello spettatore. Sempre, ed è virtù ormai rarissima nel cinema italiano, con onestà e limpidezza, totalmente alieno da qualsiasi furbizia, connivenza e (auto)compiacimento. Con divertimento. Con gioia e rivoluzione, citando gli Area. Tutto questo Argento lo ripropone nel suo ultimo capolavoro, La terza madre. Altro che il tempo si è fermato. Il tempo (della critica) forse è morto. Argento è vivo, più che mai.


Alessandro Gambino

4 commenti:

  1. Il film non mi è dispiaciuto quanto Stefania, ma alla fine mi trovo d'accordo con lei nel dire che è stato deludente: a parte qualche buon momento di cinema "vecchio stile" per la maggior parte del tempo mi sono annoiato dietro situazioni francamente stanche. E secondo me si può partire nella critica all'ultimo cinema di Argento anche partendo da sceneggiatura ed attori, perché vecchi capolavori come Profondo rosso o L'uccello dalle piume di cristallo erano rafforzati proprio da ottimi script ed interpeti all'altezza. Argento è un "esteta" dell'horror prima di tutto, non ci piove, e mi interessa (in teoria...)la sua innocenza nel portare avanti ancora un certo discorso (estetico e anche drammatico), ma alla fine non farebbe meglio a provare a cavalcare anche la via del rinnovamento? Secondo me senza una storia almeno funzionale nessun cineasta al giorno d'oggi può permettersi di lavorare con continuità.
    Adriano.

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  2. www.debateaux.blogspot.com

    Sono il Coll. Kurtz, vorrei invitare la gentile Offscreen nel mio blog-cine.

    Grazie
    Avrò modo di linkarvi

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  3. Caro Alessandro, parla un accanito, tenace e un pò esausto fan del Nostro. Sono molto d'accordo con te circa l'individuazione dello "specifico" del cinema argentiano, va da sè. Ma non riesco ad accomunare sotto lo stesso gesto registico i capolavori del passato e i goffi tentativi del presente. Anche se, lo ribadisco, l'ultimo
    lavoro ostenta un cipiglio davvero selvaggio nell'affrontare il suo genere d'appartenenza. In questo senso, un sincero bentornato all'Argento più anarchico, ancora ebbro della "festa" dei Masters of Horror (guarda che roba è il suo "Pelts", nella seconda serie del progetto). Ma ci fermiamo qui, laddove Argento sarebbe ancora molto altro: costruzione della suspense, "lavoro" sullo spettatore, istinto registico (quello autentico, proprio delle "Madri" precedenti). Tutto questo, ne La terza madre, a mio avviso non c'è ancora. Speriamo, poveri illusi, nel prossimo.

    piero

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  4. Ma certo che Dario nun è più quello de 'na vorta! Co'sto testone a lampadina e quei lunettoni neri pare la verzione gotica all'amatriciana de Valentino Rossi. "Dario come fa la tua vittima?" "Aaaargh!".
    Ho letto da quarche parte che sarà er prossimo testimonial di una compagnia di assicurazioni sulla vita. Slogan: "Ora posso smettere di fare i film per esorcizzare i mei incubi peggiori: ci pensa RAS".
    Sigh.

    Luigi C.

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